di Peppe Rinaldi L’ex super direttore di Intertrade spa, Innocenzo Orlando, ci ripensa: «Voglio tornare in Camera di Commercio, le mie dimissioni vanno revocate». E’ una storia che sembra voglia non finire, nonostante sia finita. Platealmente. I nostri soliti ed affezionati cinque lettori, capaci di farsi “opinione pubblica” al punto da provocare i movimenti tellurici che hanno decapitato la Cciaa di Salerno (nientemeno), vanno aggiornati perché la parabola dell’azienda speciale per l’internazionalizzazione delle imprese salernitane si arricchisce di un nuovo episodio: una lettera recapitata pochi giorni fa ai vertici dell’ente con la quale l’uomo che ha guidato per anni la società pubblica lasciando in eredità una voragine nei conti di alcuni milioni di euro -altrettanto pubblici- ritratta le proprie dimissioni e chiede di rientrare nei ranghi. I giornalisti scriverebbero che si tratta di un ‘colpo di scena’ e, tecnicamente, non sbaglierebbero: almeno non stavolta, perché se l’ex super direttore da oltre 150mila euro annui di stipendio, che ha gestito per anni il giocattolo Intertrade in armonia (diciamo) con almeno tre amministrazioni consecutive della Camera di Commercio, dunque non uno stupido qualunque, avanza una richiesta tanto ardita, significa che la partita continua. Pesantemente. Per completezza, va precisato che Cronache la lettera non l’ha visionata ma di essa le sono stati riportati i concetti salienti. Fatalmente, si adombrerebbe un caso Crocetta in scala, ma le nostre fonti sono altamente qualificate ed affidabili. Come dimostra un anno esatto di inchiesta giornalistica sulla prima istituzione economica del territorio, bene pubblico di inestimabile valore, oggi tramortito da diseconomie preoccupanti. «Sono stato costretto a dare le dimissioni» lamenterebbe Orlando nella nota in mano all’«interim» della Cciaa: la qual cosa, si capisce, attrae giocoforza l’implicazione anche penale della vicenda. Obbligato? E da chi? E perché? «Una cosa è la volontà, altra è la sua manifestazione di volontà» avrebbe poi argomentato in punta di diritto Orlando, evocando una delle figure di base delle istituzioni del diritto privato: cioè, un discorso è dire che voglio dimettermi, un altro è renderlo esplicito in forme determinate o tipiche.E pure qui lo scenario che va ad aprirsi si fa appassionante, ove mai tutto ottenesse dignità processuale o di causa. Si vedrà. Per ora c’è questa bomba, sganciata dall’uomo che di Intertrade aveva fatto un circolo delle delizie, contando su rimesse continue di mamma Cciaa, scavando anno dopo anno un solco che copriva l’altro, con il gioco delle anticipazioni e dei progetti finanziati sulla base di soldi che, alla fine, in cassa non sono mai arrivati. Cronache ha calcolato -finora senza smentita- che viaggiamo attorno ai 6 milioni di euro ma senza contare ciò che potrebbe emergere in tema di regime e condotta fiscale e tributaria ora che la Corte dei Conti entrerà nel vivo. Una barca di soldi, si teme. Danaro che le migliaia di imprese che pagano ogni anno alla Cciaa non meglio specificati “diritti”, dovranno rifondere: per non parlare dell’aeroporto dal nome dinamico (il già Costa d’Amalfi ora anche Cilento) che, incredibilmente, continua a succhiare danaro pubblico per pagare stipendi a lavoratori aeroportuali dove nessuno vola. Per dire: nell’ultimo Consiglio camerale di luglio, quello dell’addio del presidente Guido Arzano, è stata autorizzata l’erogazione di 650mila euro a copertura della posizione debitoria corrente di Intertrade, mentre circa 300mila venivano dati all’aeroporto per onorare le ultime buste paga dei dipendenti. Un modo come un altro per bruciare un altro milione di euro. Una relazione con il ritorno in scena dell’ex super direttore potrebbe averla un’altra circostanza, oggettivamente significativa: l’azione di risarcimento avviata dal vertice burocratico dell’ente (leggi segretariato generale) proprio nei confronti degli amministratori, Orlando compreso, di Intertrade. Non è ancora ben chiaro se la “rivalsa” chiesta dalla Cciaa abbia già le forme della denuncia penale. Alla famosa due diligence, la relazione ispettiva ordinata dalla giunta dimissionaria per tentare di parare in qualche modo il contraccolpo dello scandalo, si aggiunge ora anche questa importante presa di posizione: come una sorta di Medea che divora i suoi figli, così la Cciaa ora prova a raddrizzare il raddrizzabile. Se c’è. Alcuni giorni fa sono stati pagati gli stipendi di luglio ai dipendenti Intertrade, dopo non si sa che cosa accadrà. Il 31 luglio, intanto, è scaduto il termine per la messa in liquidazione della società ma, sul punto, non si hanno notizie: nulla impedisce ai vari “facenti funzione” di dare esecuzione al deliberato. Invece, una recente determina (la 257 del 6 agosto 2015), nel disciplinare il regime delle contribuzioni ad eventi e progetti, a proposito di Intertrade affida ad un dipendente della Cciaa proveniente dal settore Mercati e Fiere, la responsabilità procedimentale dell’azienda speciale. Nei prossimi giorni si capirà la direzione di marcia della strategia sottoscritta dal vice segretario generale Antonio Luciani in questo nuovo atto formale. Nota di colore: si vocifera nei corridoi della Cciaa che alcuni beni mobili di Intertrade, quindi pubblici, non si trovino più, in particolare, una poltrona di costosa fattura. Non c’è altro da aggiungere.
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